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ALCUNE PRIORITA' PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO NEL LAZIO

1. L'esigenza di una "cultura della prevenzione" anche nella regione Lazio

2. Le conoscenze oggi disponibili indicano le priorità su cui intervenire

2.1. Il fattore età
2.1.1 Quando il lavoro vietato
2.1.2 Quando si è appena entrati nel mondo del lavoro
2.1.3 Quando si avvicina l'età della pensione
2.2 Agricoltura e artigianato ad alto rischio

3. Profili di rischio in comparti significativi

3.1 Edilizia tradizionale
3.2 Mattazione, macellazione e salumifici
3.3 Lavorazione del legno
3.4 Lavorazione del metallo
3.5 Autotrasporto merci
3.6 Sanità

4. Gli incentivi economici alla prevenzione

Note

Bibliografia


1. L'esigenza di una "cultura della prevenzione" anche nella regione Lazio

In Italia nel 1998 si sono verificati circa 900.000 infortuni sul lavoro, che hanno comportato pi di 1.200 morti, 30.000 invalidi permanenti e, oltre agli evidenti e inestimabili costi umani, la perdita di 20 milioni di giornate lavorative (1).

Il problema degli infortuni sul lavoro, come quello degli incidenti in generale (stradali, in ambiente domestico ecc.) largamente sottovalutato nel nostro Paese. Negli ultimi anni, ad un certo incremento delle iniziative in campo statistico ed epidemilogico per lo sviluppo delle conoscenze sulle cause evitabili degli incidenti di vario tipo, non ha purtroppo corrisposto n l'allocazione di risorse n l'attuazione di politiche sistematiche di prevenzione e di educazione alla sicurezza, nonché di repressione dei comportamenti illegali, necessarie per ridurre gli effetti e le dimensioni del fenomeno.

Così, in Italia gli incidenti di qualsiasi natura rappresentano nel loro insieme la terza causa di morte per tutte le classi d'età : 5,26% del totale dei decessi, dopo le malattie del sistema circolatorio e i tumori (escludendo la voce "altre malattie"), e la prima causa per la classe 15-24 anni (64%) e 25-44 anni (28%) (Istat,1994).

La grave sottovalutazione del problema degli incidenti, in tutti i campi, non solo sul lavoro, e la necessità di politiche nazionali coordinate di prevenzione e di educazione alla sicurezza dovrebbero allora imporsi come una questione nazionale.

Ma il problema di fondo che non si ancora preso pienamente coscienza che in Italia manca una vera cultura della prevenzione, come ha messo in luce nelle sue conclusioni l'indagine parlamentare "Smuraglia" (luglio 1997). Il problema deve essere affrontato non solo nella sfera del lavoro, ma anche in tutti gli altri ambiti della vita civile, dalla strada alla vita domestica, dai trasporti, allo sport, al divertimento. Non si può pensare, infatti, che un datore di lavoro o un lavoratore si preoccupino veramente delle condizioni di salute e di sicurezza in azienda - che, ad esempio, l'uno metta a disposizione e pretenda che sia utilizzato il casco di protezione e l'altro effettivamente lo indossi - se al mattino entrambi normalmente arrivano al lavoro in auto senza essersi allacciati la cintura di sicurezza o non avendo rispettato i limiti di velocità o la debita distanza dai veicoli che precedevano in autostrada. O se in famiglia non educano i figli all'uso del casco sui motocicli o a non fumare. In Italia esiste piuttosto una cultura dello scongiuro: chi paventa un rischio giudicato un menagramo. Mentre in altri Paesi d'Europa si introduce l'obbligo del casco per la bicicletta (Svezia), qui si sta solo ora arrivando ad imporlo anche al di sopra dei diciotto anni per i motorini e comunque non viene quasi mai rispettato e fatto rispettare. Cosicché gli incidenti piccoli o grandi sono sempre una "fatalità ".

Alle reazioni emozionali, pur giustificate, ma senza alcuna conseguenza pratica, necessario far seguire programmi ed azioni per il controllo e la prevenzione degli infortuni, che sappiano avvalersi delle tante valide iniziative che sono state finora intraprese a livello di molte realtà locali, a partire dai Servizi territoriali delle Usl per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, per costruire un sistema diffuso di prevenzione e di sicurezza. Per questi motivi il problema degli incidenti stato opportunamente identificato come un problema di sanità pubblica nel Piano sanitario nazionale 1998-2000.

E' necessario perciò perseguire una tale strategia anche a livello regionale, nella dimensione attuativa del piano: coordinamento tra le diverse competenze e articolazioni istituzionali e concertazione con le parti sociali, volta a creare una cultura della prevenzione nel tessuto sociale del Lazio, promuovendo iniziative a partire dall'infanzia, nella famiglia e nella scuola, e collegando tali temi al mondo del lavoro, affinché imprese e lavoratori acquisiscano facilmente un modello organizzativo e progettuale per la salute e la sicurezza, quale quello delineato dall'importante decreto "626", che gli impone di comportarsi come soggetti attivi e partecipi.

A tale fine, anche nella nostra regione dovrebbe essere seguito il modello promosso dall'Organizzazione mondiale della sanità denominato "Safe Communites", comunità per la sicurezza (2), dove tutte le componenti sociali, in una dimensione locale determinata, si impegnano ciascuna secondo il proprio ruolo in un obiettivo condiviso e programmato: una comunità sicura.

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2. Le conoscenze oggi disponibili indicano le priorita' su cui intervenire

Uno dei problemi pi diffusi in materia di salute e sicurezza sul lavoro concerne la corretta lettura e l'interpretazione dei dati disponibili sul fenomeno infortunistico. C' è una grande confusione al riguardo e, soprattutto, prevale una discussione sui "trend" degli infortuni, spesso con opposte fazioni ("aumentano"/"diminuiscono"), mentre l'obiettivo principale dovrebbe essere quello di capire quanti e quali infortuni si possono prevenire.

Con questa finalità , tuttavia, il decennio che sta per chiudersi ha visto nascere elaborazioni e analisi inedite dei dati Inail, che hanno reso disponibili indicazioni importanti per politiche mirate di prevenzione (Arduini L. et al.,1991, 1992, 1993; Cavariani F. et al.,1990; Costa G. et al.,1994). Tali strumenti per analizzare il fenomeno infortunistico hanno consentito:

a) un'immediata individuazione dei dati relativi ai settori lavorativi d'interesse, con la distribuzione geografica regionale e provinciale;
b) la disponibilità di indicatori di frequenza e di gravità ;
c) la disponibilità di variabili descrittive delle modalità di accadimento degli eventi.

Ci ha reso possibile a chi opera nel campo della prevenzione di esaminare per i diversi settori lavorativi, dove (in quale regione e provincia) e con quali modalità accadono gli infortuni e quindi delineare profili di rischio da utilizzare per formulare proposte di merito per la prevenzione e non pi solo denunciare il problema quando si verificano gli incidenti gravi o mortali.

Dall'analisi effettuabile con gli Atlanti si possono trarre indicazioni circa le priorità che dovrebbero guidare anche una politica regionale di prevenzione. Con tale intento e a titolo esemplificativo, si esaminano di seguito alcune "immagini" di infortunio sul lavoro restituite da questi studi su scala nazionale, attraverso le quali possibile costruire un profilo di prevenibilità delle cause degli infortuni valido anche nella dimensione regionale e che spesso può essere affrontato con misure ed interventi semplici, noti e dai costi non eccessivi.

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2.1 Il fattore età

2.1.1 Quando il lavoro vietato
Ogni anno pi di 1.200 ragazzi e 200 ragazze che non hanno ancora compiuto 15 anni sono indennizzati dall'Inail per un infortunio a causa di un lavoro che la legge vieta rigorosamente per la loro et . Oltre ad alcuni casi mortali e a decine di invalidi, tali infortuni comportano in media oltre 30 giorni di cure. E' da ricordare che queste cifre non tengono conto ovviamente dei casi che non vengono denunciati.

Le sanzioni per l'inosservanza delle disposizioni sull'età minima di ammissione al lavoro sono state solo da pochi anni (dal 5 ottobre '94) inasprite: da "l'ammenda da lire 9.000 a lire 18.000 per ogni minore occupato e per ogni giorno di lavoro con un minimo di lire 300.000" (2) a "l'arresto da uno a quattro mesi o ammenda da 2 a 10 milioni di lire" (3); inoltre Inps e Inail hanno diritto di esercitare azione di rivalsa nei confronti del datore di lavoro per l'importo complessivo delle prestazioni corrisposte al minore.

Sono sufficienti queste misure repressive per affrontare il problema? Non occorrerebbero anche piani mirati su scala territoriale che per esempio mettano a confronto i dati per et dell'anagrafe comunale con quelli degli iscritti alle scuole dell'obbligo, con l'obiettivo di individuare i casi e di intervenire per recuperare evasione scolastica ed emarginazione sociale? Devono essere attivate sinergie tra istituzioni scolastiche, del lavoro e della sanità .

2.1.2 Quando si appena entrati nel mondo del lavoro

Circa 60.000 giovanissimi tra i 15 e i 19 anni si infortunano ogni anno a causa del lavoro: oltre 1.500 rimangono invalidi e quasi 100 sono i casi mortali.

Occorre promuovere iniziative di educazione alla sicurezza che vengono nei confronti dei giovani, specialmente nelle scuole ad indirizzo tecnico e professionale.

2.1.3 Quando si avvicina l'età della pensione

La gravità delle conseguenze degli infortuni aumenta con l'aumentare dell'età . L'1% degli infortuni indennizzati ogni anno nel settore industriale riguarda persone nella fascia d'età oltre i 55 anni per le donne e i 60 per gli uomini. Per le classi di et oltre i 60 anni per le donne e i 65 anni per gli uomini, gli infortuni sul lavoro rappresentano pi dell'1% nell'artigianato e ben il 12% nell'agricoltura. Nel complesso di tutti i settori gli infortuni degli anziani sono pi di 85.000 ogni anno, con 10.000 invalidi permanenti, quasi 200 casi mortali e una durata media di cure superiore ai 40 giorni.

Cosa accadrà con l'elevazione dell'età pensionabile? Quali provvedimenti occorre predisporre per evitare un probabile incremento dei casi? Occorrerebbero misure di particolare salvaguardia per il lavoro in questa fascia d'età in relazione alle caratteristiche delle mansioni assegnate.

2.2 Agricoltura e artigianato ad alto rischio

Nell'agricoltura e nell'artigianato gli infortuni sul lavoro mortali e che hanno determinato un'invalidità molto grave (superiore al 65%) rappresentano una quota maggiore rispetto allo stesso tipo di eventi nel settore industriale. Ci dovrebbe suggerire un criterio di assoluta priorità generale per politiche di prevenzione. Il settore agricoltura, pur essendo costantemente in calo per numero di occupati, mantiene il primo posto nella graduatoria di frequenza e gravità tra tutti comparti lavorativi.

I casi mortali in agricoltura causati dall'uso della trattrice (per lo pi per ribaltamento) rappresentano: il 60% di tutti i casi mortali e il 30% degli invalidi permanenti di questo settore un terzo del totale dei casi mortali di tutti i settori.

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3. Profili di rischio in comparti significativi

(N.B. L'analisi che segue copre il 50% del totale nazionale degli infortuni sul lavoro nell'industria, nell'artigianato e nei servizi.)

3.1 Settore costruzioni

Comparto imprese di edilizia tradizionale

Tot. infortuni : 75.000 invalidi permanenti: 6.000 casi mortali: 235

In questo comparto, che rappresentato per oltre i tre quarti da imprese artigiane:

le cadute dall'alto costituiscono il 10% delle modalità di tutti gli infortuni, determinando il 35% dei casi mortali e degli invalidi permanenti nel comparto e il 15% della mortalità in tutti i settori;

un infortunio su quattro è dovuto all'essere colpiti da materiali di varia natura, attrezzi ecc.. Inciampare e cadere in piano nel cantiere procura il 10% di tutti i casi di invalidità permanente.

Le misure di prevenzione contro questi rischi (cinture di sicurezza, parapetti, dispositivi di protezione individuale, organizzazione logistica del cantiere ecc.) sono state individuate e sono obbligatorie da tempo, ben prima del D.Lgs.626. Occorre farle rispettare attraverso interventi di vigilanza a campione e ricorrenti.

3.2 Settore alimentare

Comparto mattazione - macellazione
Tot. infortuni : 2.350
invalidi permanenti: 68
casi mortali: 4

Comparto salumifici
Tot. infortuni : 4.360
invalidi permanenti: 107
casi mortali: 4

In entrambi questi comparti le ferite con utensili rappresentano il 30% del totale degli eventi. Stima delle giornate di lavoro perdute in un anno: 28.000.

L'uso di guanti e grembiuli protettivi non sembra molto diffuso, mentre tali dispositivi di protezione individuale sono molto efficaci nella prevenzione, come dimostrato nel territorio di Modena, dove il Servizio della Usl ha realizzato alcuni anni fa un intervento che ha ridotto radicalmente il fenomeno con l'introduzione di questi mezzi (Ferrari D. et al., 1990). Occorrono iniziative promozionali, di formazione e d'incentivazione economica (vedi avanti cap.4) in tale direzione.

3.3 Settore lavorazione del legno - Tutti i comparti
Tot. infortuni : 32.838
invalidi permanenti: 2200
casi mortali: 28

Gli infortuni determinati da macchine utensili, con varie modalità, sono il 24% del totale in tutti i comparti. Ma se si scende nel dettaglio della tipologia produttiva si evidenza che mentre nella produzione di mobili, a carattere prevalentemente industriale, tale quota rimane costante, nel settore delle falegnamerie artigiane le lesioni procurate dalle macchine utensili salgono al 38%.

Evidenti sono sia la necessità di diffusione e di uso di macchine utensili "a norma" sia quella di campagne di sensibilizzazione e di aiuti concreti all'investimento per la microimpresa (vedi avanti cap.4).

3.4 Settore lavorazione del metallo - Tutti i comparti
Tot. infortuni : 73.500
invalidi permanenti: 2.800
casi mortali: 74

Il 25% degli infortuni coinvolge l'uso delle macchine utensili.
Il 15% dovuto a lesioni provocate da schegge e frammenti.

Anche qui i problemi sono la diffusione di macchine con moderni dispositivi di sicurezza, da agevolare attraverso forme di aiuto all'investimento (vedi avanti cap.4), e l'uso di mezzi di protezione individuale.

3.5 Settore autotrasporto merci
Tot. infortuni : 16.000
invalidi permanenti: 1.250
casi mortali: 110

Non si tratta solo di incidenti sulla strada (che provocano evidentemente il coinvolgimento anche di altri automezzi e persone), dovuti in gran parte alla mancanza di criteri corretti nella composizione del carico e al mancato rispetto da parte delle aziende di trasporto del tetto orario previsto per la guida continuata (necessario un intervento repressivo efficace da parte della Polizia stradale). Tra le cause di incidente mortale ci sono anche le cadute dall'alto, nelle operazioni di carico e scarico, rappresentano il 30% del totale degli infortuni.

Le lesioni da colpi ricevuti da materiali vari sono pari al 20%.

Appare evidente l'esigenza di diffondere l'uso di attrezzature ergonomiche, di dispositivi anticaduta e di altre protezioni per la sicurezza.

3.6 Settore sanità
Tot. infortuni : 32.000
invalidi permanenti: 1.450
casi mortali: 22

Cadute e scivolamenti su pavimenti e scale rappresentano il 20% del totale degli infortuni di questo settore.

Le lesioni da sollevamento dei pazienti sono il 3%. Un'organizzazione del lavoro diversa dei servizi sanitari, che tenga conto dei rischi di caduta e scivolamento per frequentazione di reparti durante le pulizie, appare evidente.

Quanto alle lesioni dovute allo sollevamento manuale dei malati, sono disponibili attrezzature e metodi ergonomici che permettono manovre sicure sia per l'infermiere che per il paziente.

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4. Gli incentivi economici alla prevenzione

Oltre alle sofferenze umane, in riferimento ai costi diretti ed indiretti degli infortuni sul lavoro stata stimata una cifra da capogiro: circa 55.000 miliardi (INAIL, 1992).

In proposito si rileva che il solo costo assicurativo di un caso mortale si aggira attorno ai 300/400 milioni (valore capitalizzato della rendita Inail ai "superstiti"). A questi vanno aggiunti i costi che ricadono sull'impresa per i risarcimenti in sede civile, i danni alle apparecchiature, le perdite produttive ecc..

Per quanto riguarda l'agricoltura, il settore pi a rischio di incidente mortale, il mercato offre trattrici con dispositivi antiribaltanti e protettivi e macchine provviste di accorgimenti per la sicurezza (IMA-CNR, Regione Piemonte, 1994), che ovviamente rappresentano un costo non di poco conto se si vogliono sostituire quelle che ne sono prive, ancora largamente operanti. Cos come per l'agricoltura, anche in altri settori produttivi sono ormai disponibili apparecchiature sicure che se soppiantassero il vecchio parco macchine di ditte edili, meccaniche, del legno ecc. renderebbero evitabili molti incidenti e casi gravi e mortali.

Al fine di diffondere l'uso di macchine "sicure" (naturalmente dal punto di vista della struttura, condizione necessaria anche se non sufficiente per la prevenzione), sarebbe opportuno prevedere incentivazioni economiche agli investimenti in prevenzione (es. agevolazioni creditizie, fiscali, riduzioni sui costi assicurativi).

In proposito sta per esser attuata una nuova normativa che scaturisce dalle previsioni della legge 149 del 1999 (art.55), di accompagnamento alla finanziaria '99, che stabilisce che una quota parte delle risorse economiche dell'Inail vengano impiegate per incentivare il miglioramento delle strutture e dell'organizzazione delle imprese ai fini della sicurezza. In particolare il provvedimento rivolto alle piccole e medie aziende, all'artigianato e all'agricoltura. Il sostegno finanziario a tali miglioramenti sarà riconosciuto in base a progetti frutto di indirizzi che dovranno fornire concordemente le parti sociali attraverso gli organismi paritetici territoriali previsti dal D.Lgs. 626/94.

La Regione Lazio, anche in raccordo con i Comitati di cui all'art.27 dello stesso decreto, può e deve giocare in questo campo un ruolo di promozione e coordinamento che può risultare prezioso. Tale previsione potrebbe inoltre accompagnarsi a provvedimenti aggiuntivi di sostegno da parte della Regione, seguendo i suggerimenti che in materia ha fornito la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Bailey S. et al.,1995), che legano un possibile modello di incentivo economico per la prevenzione ai seguenti requisiti:
- lo stato effettivo della sicurezza nell'azienda al momento della richiesta di sconto e il suo monitoraggio nel periodo successivo e non il tasso pregresso di infortuni, considerato non significativo;
- forme di aiuto all'investimento nella prevenzione e sicurezza;
- il riconoscimento di marchi commerciali di eccellenza in materia di salute e sicurezza.

Sarebbe comunque utile costituire un Osservatorio regionale dei casi gravi e mortali di infortunio sul lavoro, oltre che ai fini delle conoscenze per la prevenzione, per compiere analisi dei costi che essi comportano.

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NOTE
1) Fonte: Inail. Il numero di giornate lavorative perdute una nostra stima in base alla durata media del periodo di inabilità temporanea dei casi avvenuti nell'anno di riferimento, desunta dai dati di gestione elaborati dalla Direzione Generale Inail.
(2) http://www.ki.se/phs/wcc-csp
http://www.ki.se/phs/wcc-csp/safecom
http://www.ki.se/phs/wcc-csp/safecom-news
http://www.safecmmunities.ca
http://www.safecmmunities.ca

(3) Art.26 legge 17/10/1967, n.977.
(4) Art.1 del D.Lgs.566/1994.

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BIBLIOGRAFIA
Alhaique D., Arduini L., Cavariani F., Costa G., Della Torre L., Pianosi G. Atlante degli infortuni sul lavoro in Italia. INCA CGIL, Roma 1992.

Arduini L., Costa G., Pianosi G. Gli infortuni sul lavoro: statistiche Inail e atlanti regionali. Epidemiologia & Prevenzione, 1991;48-49:123-129.

Arduini L., Lionzo R., Pianosi G. et al. Sbagliando s'impara: guida alla conduzione delle inchieste infortuni. UOTSLL-USSL 70, Legnano 1992.

Arduini L., Costa G., Marconi M., Nesti M., Passerini M., Perticaroli S., Pianosi G., Tavassi S. Primo atlante nazionale degli infortuni sul lavoro. Anni 1986-1991. ISPESL, REGIONI, Roma 1993.

Bailey S. et al. Un modello innovativo di incentivo economico per il miglioramento dell'ambiente di lavoro in Europa. Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, Dublino 1995.

Cavariani F., De Vecchis R. et al. Gli infortuni sul lavoro nel Lazio 1985-1987. Regione Lazio, Roma 1992.

Costa G., Demaria M. et al. Atlante degli infortuni sul lavoro in Piemonte, 1984-91. Regione Piemonte, Torino 1994.

Ferrari D., Galli P., Gori E., Gli infortuni nella lavorazione carni: epidemiologia, quadro normativo, aspetti di prevenzione. USL 16 Modena, USL 19 Vignola, Modena 1990.

IMA-CNR, Istituto per la meccanizzazione agricola - Consiglio nazionale delle ricerche, Regione Piemonte, Atti del Convegno "Sicurezza in Agricoltura: Macchine ed Ambiente di Lavoro", Fossano (Cuneo) 14 aprile 1994.

INAIL, Quanto costano gli infortuni sul lavoro, Roma 1992.

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