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La probabilità di morire di tumore in Italia è di circa il 30% per gli uomini e del 25% per le donne. Il 4-8 % dell'insieme dei tumori, secondo stime consolidate, sono attribuibili a cause di origine professionali. Per alcuni tipi di tumori la percentuale è più elevata:

10-20 % per i tumori polmonari, 25% per le neoplasie vescicali.

Nel periodo 1993-7 sono stati riconosciuti ed indennizzati in Italia 476 casi di neoplasie di origine professionale, veramente pochi in confronto a quelli attesi.

In realtà le notifiche di neoplasie di origine professionali che pervengono ai Servizi sono molto rare e pressoché limitate al mesotelioma della pleura da esposizione pregressa ad amianto. Si tratta quindi di un fenomeno che continua a rimanere sommerso ed è di difficile approccio per i Dipartimenti di Prevenzione.

La Dir. 90/394/CEE, recepita in Italia nel Titolo VII del D.Lgs. 626/94, individuava una serie di obblighi per il datore di lavoro in merito alla:

  1. identificazione degli agenti cancerogeni impiegati;
  2. valutazione della esposizione (natura, entità e durata);
  3. informazione e formazione dei lavoratori e loro rappresentanti;
  4. tenuta del registro degli esposti (ove previsto);
  5. programmi di monitoraggio ambientale;
  6. programmi di sorveglianza sanitaria.

Il Titolo VII riconosceva quali agenti cancerogeni tutte le sostanze e preparati alle quali sia stata attribuita la frase di rischio R45 "può provocare il cancro" o R49 "può provocare il cancro per inalazione" (allegato I Dir. 67/548/CEE e Dir.88/378/CEE), nonché i processi lavorativi indicati nell'allegato VIII del D Lgs 626/94 e le sostanze e preparati prodotti nel corso di tali processi.

Il DL 626/94 non riporta quindi l'elenco delle sostanze cancerogene ma richiama la lista delle sostanze classificate ufficialmente nell'ambito della direttiva 67/548 CEE. Attualmente l'elenco delle sostanze classificate come cancerogene in ambito europeo è ricavabile dal 25° Adeguamento al Progresso Tecnico (ATP).

Con l'emanazione del Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n.66 "Attuazione delle direttive 97/42/CE e 99/38/CE, che modificano la direttiva 90/394/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro" ( GU n.70 del 24 marzo 2000)

si viene a modificare il quadro legislativo delineato dal Titolo VII del D.Lgs 626/1994, d'ora in poi denominato :"Protezione da agenti cancerogeni o mutageni", ampliando la protezione nei confronti del rischio chimico ed introducendo il concetto di mutageno, non presente in precedenza.

Tale concetto viene sancito all'articolo3 ("Definizioni"), in cui la definizione di cancerogeno o mutageno viene aggiornata sulla base di due recenti decreti, D.Lgs 52/1997 e D.Lgs 285/1998, che dettano le regole per la corretta etichettatura e per una adeguata informazione (schede di sicurezza) delle sostanze e preparati chimici messi in commercio, aprendo la possibilità di nuovi adeguamenti ("Art.8") da parte della Commissione consultiva tossicologica nazionale, che "individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione…, in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni."

V
iene introdotto un ulteriore nuovo ed importante concetto, quello di "Valore limite di esposizione " per tali sostanze; attualmente per benzene, cloruro di vinile monomero e polveri di legno, ma con la possibilità di aggiornamento della tabella dei valori limite per altre sostanze.

Per quanto riguarda la valutazione del rischio ("Art.5"), viene aggiunta la necessità di tenere conto anche dell'assorbimento cutaneo.

Da sottolineare infine che le norme non si applicano per l'amianto, che rimane disciplinato dal D.Lgs 277/1991, capo III.

VALORI LIMITE PER L' ESPOSIZIONE PROFESSIONALE

Il DL 626/94 fa riferimento al principio della sostituzione della sostanza cancerogena o, laddove ciò non sia possibile, all'indicazione della riduzione dell'esposizione ai livelli più bassi tecnicamente possibili.

N
essun riferimento viene fatto, per quanto concerne la gestione del rischio, ai valori limite di esposizione professionale.

Le Direttive 97/42/CE e 99/38/CE inseriscono i primi valori limite prefigurando inoltre la possibilità che i valori limite per il cloruro di vinile e le polveri di legno possano essere riveduti sulla base di più recenti dati scientifici entro due anni dalla data di adozione della dir. 99/38/CE.

La procedura per la definizione dei valori limite nell' Unione Europea è un processo che include :

  1. preparazione di un dossier scientifico relativo agli effetti sulla salute
  2. valutazione del dossier scientifico
  3. sviluppo delle raccomandazioni da parte del Comitato Scientifico per la definizione di valori limite per l'esposizione professionale
  4. proposizione dei valori limite da parte della Commissione
  5. consultazione del Comitato Consultivo per la sicurezza l'igiene e la tutela della salute sui luoghi di lavoro
  6. adozione della direttiva

Per ogni agente chimico in relazione al quale sia fissato, a livello comunitario, un valore limite indicativo di esposizione professionale, gli Stati membri fissano un valore limite nazionale di esposizione, tenendo conto dei valori comunitari. Nel caso di valori limite di esposizione professionale obbligatorio, gli Stati membri fissano un valore limite nazionale, basato sul valore limite comunitario, ma non superiore ad esso.

Alla base della definizione di valori limite è sempre necessaria la disponibilità di una buona base di dati riguardo alla:

  • Tossicocinetica
  • Identificazione degli effetti tossici critici
  • Meccanismi di azione
  • NOAEL o LOAEL
  • Relazione dose-risposta per uno specifico effetto o sindrome
  • Indicazione del rischio associato con una data dose, specialmente se l'effetto non è reversibile
  • Mutagenicità
  • Cancerogenicità
  • Tossicità riproduttiva
  • Valutazione del rischio per lavoratori ipersuscettibili

Questi dati di base coincidono con quelli usati nella valutazione del rischio per la popolazione generale.

L'effetto critico consiste nell'effetto dannoso che appare al più basso livello di esposizione. Il valore limite ha pertanto lo scopo di proteggere dall'effetto critico e di conseguenza anche dagli altri effetti.

CONFRONTO TRA VALORI LIMITE
Il concetto di soglia per l'effetto biologico, se largamente accettato per le sostanze chimiche non cancerogene, resta invece argomento di forte dibattito scientifico nell'ambito delle sostanze mutagene e cancerogeni.

Lo sviluppo di tumori, chimicamente indotti, nell'uomo e negli animali da esperimento, costituisce un processo complesso a più stadi, non ancora completamente chiarito.

E' un dato acquisito che per lo sviluppo del tumore occorrano almeno due stadi: l'iniziazione e la promozione.

Poiché attualmente il punto di vista dominante sul processo cancerogeno ammette che molti iniziatori causano danni irreversibili al DNA, c'è motivo di assumere che la relazione dose-risposta di molti cancerogeni segua un andamento lineare senza soglia.

Per questi motivi l'Office for Science and Technology Policy (OSTP ,1985) raccomanda l'uso di modelli che incorporano l'andamento lineare alle basse dosi quando i dati sono limitati ed esiste incertezza riguardo ai meccanismi d'azione del cancerogeno.

Molti modelli matematici sono stati sviluppati per stimare il rischio tumorale associato a basse dosi di sostanze cancerogene.

Il rischio cancerogeno stimato è generalmente basato su dati derivati da studi sperimentali e da studi epidemiologici.

L'OSHA (1989) per una serie di sostanze per le quali si sono resi disponibili dati di qualità accettabile per procedere alla stima quantitativa del rischio cancerogeno ha utilizzato a tale scopo modelli matematici linearizzati, i quali non ammettono la presenza di una soglia, cosicché alle basse dosi la stima del rischio aumenta in funzione della dose in rapporto alla potenza del cancerogeno.

L'ACGIH definisce i valori limite di esposizione professionale threshold limit values (TLVs) "valori limite di soglia riferiti a concentrazioni nell'aria che rappresentano condizioni per le quali si crede che quasi tutti i lavoratori possono essere esposti giorno dopo giorno senza effetti dannosi per la salute. A causa della larga variazione nella suscettibilità individuale, tuttavia, una piccola percentuale di lavoratori può sperimentare discomfort per alcune sostanze a concentrazioni prossime o sotto il valore limite, mentre una più piccola percentuale può essere affetta più seriamente da una aggravamento di condizioni preesistenti o dallo sviluppo di una malattia professionale.

I TLVs sono espressi come medie ponderate nel tempo (TLV-TWA) o come limiti di esposizione per breve tempo (TLV-STEL).

Tali limiti sono stati sviluppati come linee guida per assistere gli igienisti nel controllo delle esposizioni alle sostanze chimiche negli ambienti di lavoro e non per un utilizzo quale standard di legge, sebbene abbiano condizionato ampiamente anche lo sviluppo dei PELs (Permissible exposure levels), vale a dire i limiti legali americani, prodotti dall'OSHA (1970,1989) e quelli di molti altri paesi .

L'ACGIH classifica i cancerogeni in categoria A1 (cancerogeni certi per l'uomo) A2 (cancerogeni sospetti per l'uomo) A3 (cancerogeni sperimentali privi di evidenze di cancerogenicità sull'uomo)

A4 (non classificabili come cancerogeni umani per mancanza di dati anche sperimetali).

In generale l'ACGIH raccomanda che l'esposizione ai cancerogeni deve essere tenuta al minimo

e che i lavoratori esposti ai cancerogeni di cat. A1 con un TLV e per i cancerogeni di categoria A2

e A3, l'eposizione deve essere accuratamente controllata al fine di mantenerla ai livelli ragionevolmente bassi al di sotto del TLV.

Pertanto il riferimento ai TLVs dell'ACGIH può costituire soltanto un'indicazione di massima per una preliminare riduzione del rischio.

Nel 1979 il Gruppo di Studio dell'OMS propose l'uso del termine "recommended health-based occupational exposure limits" (limiti di esposizione occupazionali raccomandati sulla base dei soli dati scientifici relativi alla protezione della salute). Questo termine rappresenta il livello, per le sostanze pericolose, nell'aria dei luoghi di lavoro, che non presenta significativi rischi di effetti dannosi per la salute .

Si tratta di un limite che non tiene conto di considerazioni di tipo tecnologico o economico e che coincide con il REL del NIOSH.

Fin dal 1978 è stato utilizzato in Olanda un approccio basato sulla stima quantitativa del rischio cancerogeno per definire i valori di RELs, utilizzando il modello mutistage linearizzato, distinguendo una categoria di iniziatori e cancerogeni completi (in grado di modificare il DNA) ed una categoria di promotori e cocangerogeni (che non modificano il DNA).

Generalmente per i promotori si assume che è possibile una soglia sotto la quale non si verificano effetti dannosi, mentre ciò non è ammesso per gli iniziatori.

L'approccio olandese differisce dal metodo impiegato negli USA da parte dell'Environmental Protection Agency (EPA), che non fa alcuna distinzione tra iniziatori e promotori ai fini della valutazione del rischio cancerogeno e che applica l'estrapolazione lineare alle basse dosi per tutti i cancerogeni.

In Germania i valori limite per gli agenti cancerogeni sono stati introdotti nel 1976 stabilendo concentrazioni tecnicamente raggiungibili (Technische Richt Konzentrationen - TRK ).

Tali livelli di concentrazione rappresentano la concentrazione minima nell'aria del luogo di lavoro che può essere ottenuta sulla base della tecnologia praticamente disponibile attualmente, quale media ponderata sulle 8 ore lavorative.

Attualmente in Germania gli agenti cancerogeni sono classificati in 5 categorie sulla base delle evidenze di cancerogenicita' e genotossicita'.

Nella tabella 1 viene riportato un confronto tra i diversi limiti di esposizione occupazionali ad una serie di sostanze cancerogene.

criteri dell'UE relativi alla classificazione delle sostanze cancerogene
  • categoria 1: sostanze note per gli effetti cancerogene sull'uomo (simbolo T e frase R45 e/o R49);
  • categoria 2: sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene per l'uomo (simbolo T e frase R45 e/o R49) ;
  • categoria 3: sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sull'uomo per le quali tuttavia le informazioni disponibili sono insufficienti per procedere ad una valutazione soddisfacente (simbolo Xn e frase R40)
  • I criteri dell'EU per la classificazione dei preparati cancerogeni (direttive 88/379/CEE e 93/18/CEE) definiscono altresì i limiti relativamente alle concentrazione di sostanza/e cancerogena/e di categorie 1, 2 e 3 al fine della etichettatura e classificazione quali cancerogeni.

Una sostanza viene inserita in categoria 1 sulla base dei dati epidemiologici, mentre la classificazione in cat. 2 e 3 si basa sui dati sperimentali.

Per classificare una sostanza in cat. 2 occorre disporre di risultati positivi in almeno due specie di animali, o di prove positive evidenti in una specie, insieme a dati sulla genotossicità, studi metabolici o biochimici, induzione di tumori benigni, relazione strutturale con altre sostanze cancerogene note o dati di studi cancerogeni limitati.

La categoria 3 comprende due sottocategorie: 1) sostanze oggetto di studi approfonditi per le quali non si sono evidenziate sufficienti prove sugli effetti cancerogeni 2) sostanze oggetto di studi insufficienti, i dati sono scarsi ma inducono preoccupazione: si tratta di una classificazione provvisoria in attesa di una decisione finale.

Per quanto concerne i preparati sono classificati con Carc. Cat 1 o 2 (R 45 o R 49) quei preparati che contengono una sostanza cancerogena di). cat. 1 o 2 (R 45 o R 49) in una concentrazione pari o superiore allo 0,1 % in peso. Mentre i preparati che contengono una sospetta sostanza cancerogena di cat. 3 (R 40) in una concentrazione pari o superiore all' 1% in peso sono classificati Carc. Cat. 3

Per i preparati gassosi i limiti di concentrazione vengono espressi come rapporti volume/volume ed i valori numerici sono gli stessi (0,1% per i cancerogeni di Cat. 1 e 2 e 1% per i possibili cancerogeni di cat. 3

"agente cancerogeno":

- può provocare il cancro o aumentarne la frequenza (T cat. 1-2) (Xn cat. 3)

i) "una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 e 2, stabiliti nell'allegato VI della Direttiva 67/548/CEE"

ii) " un preparato contenente una o più delle sostanze di cui al punto i), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti:

  • dall'allegato I della Direttiva. 67/548/CEE; o
  • dall'allegato I della Direttiva.88/379/CEE nel caso in cui la sostanza o le sostanze non figurino nell'allegato I della Dir. 67/548/CEE o vi figurino senza limiti di concentrazione";

iii) "una sostanza, un preparato o un procedimento di cui all'allegato I nonché una sostanza o un preparato emesse durante un procedimento di cui allegato I" (della direttiva 90/394 alias allegato VIII DEL D.Lgs 626/94).

"agente mutageno" :

- può produrre effetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza (T cat. 1-2) (Xn cat. 3)

  1. una sostanza che risponde ai criteri di classificazione nella categoria 1 o 2 degli agenti mutageni, come stabilito nell'allegato VI della dir. 67/548/CEE;
  2. un preparato costituito da una o più delle sostanze di cui al punto i) allorché la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti in materia di limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nella categoria 1 o 2 degli agenti mutageni, come stabilito:
  • nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE, o
  • nell'allegato 1 della direttiva 88/379/CEE nel caso in cui le sostanze non figurino nell'allegato 1 della direttiva 67/548/CEE o vi figurino senza limiti di concentrazione.

"valore limite di esposizione professionale" :

il limite di concentrazione media, ponderata nel tempo, di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione al periodo di riferimento specificato

"valore limite biologico" :

il limite della concentrazione nell'adeguato mezzo biologico del relativo agente, di un suo metabolita o di un indicatore di effetto.

TABELLA 1. CONFRONTO TRA VALORI LIMITE PER L'ESPOSIZIONE PROFESSIONALE


Sostanza

C.A.S.

Class. ACGIH

Class.

IARC

Class.

U.E.

ACGIH
TLV-TWA

(1998)

OSHA

PELs

(TWA)

NIOSH

RELs

(TWA)

Germany

MAKs

U.E.

Acetaldeide

75-07-0

A3

2B

Carc.Cat. 3 R40

45 mg/mc

360 mg/mc

LFC

90

-

Acrilamide

79-06-1

A3

2A

Carc.Cat. 2 R45

0.03 mg/mc

0.3 mg/mc

0.03

-

-

Acrilonitrile

107-13-1

A2

2B

Carc.Cat. 2 R45

4.3 mg/mc

2 ppm

1ppm

-

-

Asbesto

1330-21-4;

12172-73-5;

12001-28-4

A1

1

Carc.Cat. 1 R45

0.1 f/cc

0.1 f/cc

0.1 f/cc

-

0.3 f/cc

Asbesto, crisotilo

12001-29-5

A1

1

Carc.Cat. 1 R45

0.1 f/cc

0.1 f/cc

0.1 f/cc

-

0.6 f/cc

Anilina e omologhi

62-53-3

A3

3

Carc.Cat. 3 R40

2 ppm

5 ppm

LFC

2 ppm

-

o-Anisidina

90-04-0

A3

2B

Carc.Cat. 2 R45

0.1 ppm

0.5 ppm

0.5 ppm

-

-

Arsenico e composti inorganici

7440-38-2

A1

1

Carc.Cat. 1 R45

0.01 mg/mc

0.01 mg/mc

0.002 mg/mc C

-

-

Benzene

71-43-2

A1

1

Carc.Cat. 1 R45

0.5 ppm

1 ppm

0.1 ppm

-

1 ppm

Berillio e composti

7440-07-7

A1

1

Carc.Cat. 2 R49

0.002 mg/mc

0.002 mg/mc

0.0005 mg/mc C

-

-

1,3 Butadiene

106-99-0

A2

2A

Carc.Cat. 1 R45

2 ppm

5 ppm C

LFC

-

-

Cadmio ossido

1306-19-0

A2

1

Carc.Cat. 2 R49

0.002 mg/mc

0.005

LFC

-

-

Tetracloruro di carbonio

56-23-5

A2

2B

Carc.Cat. 3 R40

5 ppm

10 ppm

2 ppm

(60 min)

10 ppm

-

Clordano

57-74-9

A3

2B

Carc.Cat. 3 R40

0.5 mg/mc

0.5 mg/mc

0.5 mg/mc

0.5 mg/mc

 

Toxafene

8001-35-2

A3

2B

Carc.Cat. 3 R40

0.5 mg/mc

0.5 mg/mc

LFC

-

-

Epicloridrina

106-89-8

A3

2A

Carc.Cat. 2 R45

0.5 ppm

5 ppm

LFC

-

-

Cloruro di vinile

75-01-4

A1

1

Carc.Cat. 1 R45

1 ppm

1 ppm

-

-

3 ppm

Triclorometano

67-66-3

A3

2B

Carc.Cat. 3 R40

10 ppm

50 ppm C

2 ppm

(60 min)

10 ppm

2 ppm*

Bis-Clorometiletere

542-88-1

A1

1

Carc.Cat. 1 R45

0.001 ppm

-

-

-

-

Cromato di stronzio

7789-06-2

A2

1

Carc.Cat. 2 R45

0.0005 mg/m3

0.1 mg/m3 C

0.001 mg/m3

-

-

Composti di cromo (VI)

 

A1

1

Carc.Cat. 2 R49

0.01 mg/m3

0.1 mg/m3 C

0.001 mg/m3

-

-

Diclorometano

75-09-2

A3

2B

Carc.Cat. 1 R45

50 ppm

25 ppm

LFC

100 ppm

-

Formaldeide

50-00-0

A2

2A

Carc.Cat. 3 R40

0.3 ceiling

0.75

0.016 ppm

0.1 ppm (15 min)

0.5

-

Diazometano

334-88-3

A2

3

Carc.Cat. 2 R45

0.2 ppm

0.2 ppm

0.2 ppm

-

-

1,2 Dibromo –etano

106-93-4

A3

2A

Carc.Cat. 2 R45

-

20 ppm

0.045 ppm

0.13 ppm (15 min)

-

-

Ossido di etilene

20706-25-6

A2

1

Carc.Cat. 1 R45

1 ppm

-

<0.1ppm

5 ppm C

-

-

Nichel, teracarbonile

13463-39-3

 

1

Carc.Cat. 3 R40

0.05 ppm

0.001

0.001

-

-

disolfuro di trinichel

12035-72-2

A1

1

Carc.Cat. 1 R49

0.1 mg/m3

-

-

-

-

IPA come BaP

50-32-8

A2

2A

Carc.Cat. 2 R45

 

0.2 ppm

0.1 ppm

-

-

Tetracloroetilene

127-18-4

A3

2A

Carc.Cat. 3 R40

25 ppm

100 ppm

 

-

-

Tricloroetilene

79-01-6

A5

2A

Carc.Cat. 3 R40

50 ppm

100 ppm

10 ppm

-

-