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ALCUNE PRIORITA' PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO NEL LAZIO

1. L'esigenza di una "cultura della prevenzione" anche nella regione Lazio

2. Le conoscenze oggi disponibili indicano le priorità su cui intervenire

2.1. Il fattore età
2.1.1 Quando il lavoro vietato
2.1.2 Quando si è appena entrati nel mondo del lavoro
2.1.3 Quando si avvicina l'età della pensione
2.2 Agricoltura e artigianato ad alto rischio

3. Profili di rischio in comparti significativi

3.1 Edilizia tradizionale
3.2 Mattazione, macellazione e salumifici
3.3 Lavorazione del legno
3.4 Lavorazione del metallo
3.5 Autotrasporto merci
3.6 Sanità

4. Gli incentivi economici alla prevenzione

Note

Bibliografia


1. L'esigenza di una "cultura della prevenzione" anche nella regione Lazio

In Italia nel 1998 si sono verificati circa 900.000 infortuni sul lavoro, che hanno comportato pi di 1.200 morti, 30.000 invalidi permanenti e, oltre agli evidenti e inestimabili costi umani, la perdita di 20 milioni di giornate lavorative (1).

Il problema degli infortuni sul lavoro, come quello degli incidenti in generale (stradali, in ambiente domestico ecc.) largamente sottovalutato nel nostro Paese. Negli ultimi anni, ad un certo incremento delle iniziative in campo statistico ed epidemilogico per lo sviluppo delle conoscenze sulle cause evitabili degli incidenti di vario tipo, non ha purtroppo corrisposto n l'allocazione di risorse n l'attuazione di politiche sistematiche di prevenzione e di educazione alla sicurezza, nonché di repressione dei comportamenti illegali, necessarie per ridurre gli effetti e le dimensioni del fenomeno.

Così, in Italia gli incidenti di qualsiasi natura rappresentano nel loro insieme la terza causa di morte per tutte le classi d'età : 5,26% del totale dei decessi, dopo le malattie del sistema circolatorio e i tumori (escludendo la voce "altre malattie"), e la prima causa per la classe 15-24 anni (64%) e 25-44 anni (28%) (Istat,1994).

La grave sottovalutazione del problema degli incidenti, in tutti i campi, non solo sul lavoro, e la necessità di politiche nazionali coordinate di prevenzione e di educazione alla sicurezza dovrebbero allora imporsi come una questione nazionale.

Ma il problema di fondo che non si ancora preso pienamente coscienza che in Italia manca una vera cultura della prevenzione, come ha messo in luce nelle sue conclusioni l'indagine parlamentare "Smuraglia" (luglio 1997). Il problema deve essere affrontato non solo nella sfera del lavoro, ma anche in tutti gli altri ambiti della vita civile, dalla strada alla vita domestica, dai trasporti, allo sport, al divertimento. Non si può pensare, infatti, che un datore di lavoro o un lavoratore si preoccupino veramente delle condizioni di salute e di sicurezza in azienda - che, ad esempio, l'uno metta a disposizione e pretenda che sia utilizzato il casco di protezione e l'altro effettivamente lo indossi - se al mattino entrambi normalmente arrivano al lavoro in auto senza essersi allacciati la cintura di sicurezza o non avendo rispettato i limiti di velocità o la debita distanza dai veicoli che precedevano in autostrada. O se in famiglia non educano i figli all'uso del casco sui motocicli o a non fumare. In Italia esiste piuttosto una cultura dello scongiuro: chi paventa un rischio giudicato un menagramo. Mentre in altri Paesi d'Europa si introduce l'obbligo del casco per la bicicletta (Svezia), qui si sta solo ora arrivando ad imporlo anche al di sopra dei diciotto anni per i motorini e comunque non viene quasi mai rispettato e fatto rispettare. Cosicché gli incidenti piccoli o grandi sono sempre una "fatalità ".

Alle reazioni emozionali, pur giustificate, ma senza alcuna conseguenza pratica, necessario far seguire programmi ed azioni per il controllo e la prevenzione degli infortuni, che sappiano avvalersi delle tante valide iniziative che sono state finora intraprese a livello di molte realtà locali, a partire dai Servizi territoriali delle Usl per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, per costruire un sistema diffuso di prevenzione e di sicurezza. Per questi motivi il problema degli incidenti stato opportunamente identificato come un problema di sanità pubblica nel Piano sanitario nazionale 1998-2000.

E' necessario perciò perseguire una tale strategia anche a livello regionale, nella dimensione attuativa del piano: coordinamento tra le diverse competenze e articolazioni istituzionali e concertazione con le parti sociali, volta a creare una cultura della prevenzione nel tessuto sociale del Lazio, promuovendo iniziative a partire dall'infanzia, nella famiglia e nella scuola, e collegando tali temi al mondo del lavoro, affinché imprese e lavoratori acquisiscano facilmente un modello organizzativo e progettuale per la salute e la sicurezza, quale quello delineato dall'importante decreto "626", che gli impone di comportarsi come soggetti attivi e partecipi.

A tale fine, anche nella nostra regione dovrebbe essere seguito il modello promosso dall'Organizzazione mondiale della sanità denominato "Safe Communites", comunità per la sicurezza (2), dove tutte le componenti sociali, in una dimensione locale determinata, si impegnano ciascuna secondo il proprio ruolo in un obiettivo condiviso e programmato: una comunità sicura.


2. Le conoscenze oggi disponibili indicano le priorita' su cui intervenire

Uno dei problemi pi diffusi in materia di salute e sicurezza sul lavoro concerne la corretta lettura e l'interpretazione dei dati disponibili sul fenomeno infortunistico. C' è una grande confusione al riguardo e, soprattutto, prevale una discussione sui "trend" degli infortuni, spesso con opposte fazioni ("aumentano"/"diminuiscono"), mentre l'obiettivo principale dovrebbe essere quello di capire quanti e quali infortuni si possono prevenire.

Con questa finalità , tuttavia, il decennio che sta per chiudersi ha visto nascere elaborazioni e analisi inedite dei dati Inail, che hanno reso disponibili indicazioni importanti per politiche mirate di prevenzione (Arduini L. et al.,1991, 1992, 1993; Cavariani F. et al.,1990; Costa G. et al.,1994). Tali strumenti per analizzare il fenomeno infortunistico hanno consentito:

a) un'immediata individuazione dei dati relativi ai settori lavorativi d'interesse, con la distribuzione geografica regionale e provinciale;
b) la disponibilità di indicatori di frequenza e di gravità ;
c) la disponibilità di variabili descrittive delle modalità di accadimento degli eventi.

Ci ha reso possibile a chi opera nel campo della prevenzione di esaminare per i diversi settori lavorativi, dove (in quale regione e provincia) e con quali modalità accadono gli infortuni e quindi delineare profili di rischio da utilizzare per formulare proposte di merito per la prevenzione e non pi solo denunciare il problema quando si verificano gli incidenti gravi o mortali.

Dall'analisi effettuabile con gli Atlanti si possono trarre indicazioni circa le priorità che dovrebbero guidare anche una politica regionale di prevenzione. Con tale intento e a titolo esemplificativo, si esaminano di seguito alcune "immagini" di infortunio sul lavoro restituite da questi studi su scala nazionale, attraverso le quali possibile costruire un profilo di prevenibilità delle cause degli infortuni valido anche nella dimensione regionale e che spesso può essere affrontato con misure ed interventi semplici, noti e dai costi non eccessivi.


2.1 Il fattore età

2.1.1 Quando il lavoro vietato
Ogni anno pi di 1.200 ragazzi e 200 ragazze che non hanno ancora compiuto 15 anni sono indennizzati dall'Inail per un infortunio a causa di un lavoro che la legge vieta rigorosamente per la loro et . Oltre ad alcuni casi mortali e a decine di invalidi, tali infortuni comportano in media oltre 30 giorni di cure. E' da ricordare che queste cifre non tengono conto ovviamente dei casi che non vengono denunciati.

Le sanzioni per l'inosservanza delle disposizioni sull'età minima di ammissione al lavoro sono state solo da pochi anni (dal 5 ottobre '94) inasprite: da "l'ammenda da lire 9.000 a lire 18.000 per ogni minore occupato e per ogni giorno di lavoro con un minimo di lire 300.000" (2) a "l'arresto da uno a quattro mesi o ammenda da 2 a 10 milioni di lire" (3); inoltre Inps e Inail hanno diritto di esercitare azione di rivalsa nei confronti del datore di lavoro per l'importo complessivo delle prestazioni corrisposte al minore.

Sono sufficienti queste misure repressive per affrontare il problema? Non occorrerebbero anche piani mirati su scala territoriale che per esempio mettano a confronto i dati per et dell'anagrafe comunale con quelli degli iscritti alle scuole dell'obbligo, con l'obiettivo di individuare i casi e di intervenire per recuperare evasione scolastica ed emarginazione sociale? Devono essere attivate sinergie tra istituzioni scolastiche, del lavoro e della sanità .

2.1.2 Quando si appena entrati nel mondo del lavoro

Circa 60.000 giovanissimi tra i 15 e i 19 anni si infortunano ogni anno a causa del lavoro: oltre 1.500 rimangono invalidi e quasi 100 sono i casi mortali.

Occorre promuovere iniziative di educazione alla sicurezza che vengono nei confronti dei giovani, specialmente nelle scuole ad indirizzo tecnico e professionale.

2.1.3 Quando si avvicina l'età della pensione

La gravità delle conseguenze degli infortuni aumenta con l'aumentare dell'età . L'1% degli infortuni indennizzati ogni anno nel settore industriale riguarda persone nella fascia d'età oltre i 55 anni per le donne e i 60 per gli uomini. Per le classi di et oltre i 60 anni per le donne e i 65 anni per gli uomini, gli infortuni sul lavoro rappresentano pi dell'1% nell'artigianato e ben il 12% nell'agricoltura. Nel complesso di tutti i settori gli infortuni degli anziani sono pi di 85.000 ogni anno, con 10.000 invalidi permanenti, quasi 200 casi mortali e una durata media di cure superiore ai 40 giorni.

Cosa accadrà con l'elevazione dell'età pensionabile? Quali provvedimenti occorre predisporre per evitare un probabile incremento dei casi? Occorrerebbero misure di particolare salvaguardia per il lavoro in questa fascia d'età in relazione alle caratteristiche delle mansioni assegnate.

2.2 Agricoltura e artigianato ad alto rischio

Nell'agricoltura e nell'artigianato gli infortuni sul lavoro mortali e che hanno determinato un'invalidità molto grave (superiore al 65%) rappresentano una quota maggiore rispetto allo stesso tipo di eventi nel settore industriale. Ci dovrebbe suggerire un criterio di assoluta priorità generale per politiche di prevenzione. Il settore agricoltura, pur essendo costantemente in calo per numero di occupati, mantiene il primo posto nella graduatoria di frequenza e gravità tra tutti comparti lavorativi.

I casi mortali in agricoltura causati dall'uso della trattrice (per lo pi per ribaltamento) rappresentano: il 60% di tutti i casi mortali e il 30% degli invalidi permanenti di questo settore un terzo del totale dei casi mortali di tutti i settori.

3. Profili di rischio in comparti significativi

(N.B. L'analisi che segue copre il 50% del totale nazionale degli infortuni sul lavoro nell'industria, nell'artigianato e nei servizi.)

3.1 Settore costruzioni

Comparto imprese di edilizia tradizionale

Tot. infortuni : 75.000 invalidi permanenti: 6.000 casi mortali: 235

In questo comparto, che rappresentato per oltre i tre quarti da imprese artigiane:

le cadute dall'alto costituiscono il 10% delle modalità di tutti gli infortuni, determinando il 35% dei casi mortali e degli invalidi permanenti nel comparto e il 15% della mortalità in tutti i settori;

un infortunio su quattro è dovuto all'essere colpiti da materiali di varia natura, attrezzi ecc.. Inciampare e cadere in piano nel cantiere procura il 10% di tutti i casi di invalidità permanente.

Le misure di prevenzione contro questi rischi (cinture di sicurezza, parapetti, dispositivi di protezione individuale, organizzazione logistica del cantiere ecc.) sono state individuate e sono obbligatorie da tempo, ben prima del D.Lgs.626. Occorre farle rispettare attraverso interventi di vigilanza a campione e ricorrenti.

3.2 Settore alimentare

Comparto mattazione - macellazione
Tot. infortuni : 2.350
invalidi permanenti: 68
casi mortali: 4

Comparto salumifici
Tot. infortuni : 4.360
invalidi permanenti: 107
casi mortali: 4

In entrambi questi comparti le ferite con utensili rappresentano il 30% del totale degli eventi. Stima delle giornate di lavoro perdute in un anno: 28.000.

L'uso di guanti e grembiuli protettivi non sembra molto diffuso, mentre tali dispositivi di protezione individuale sono molto efficaci nella prevenzione, come dimostrato nel territorio di Modena, dove il Servizio della Usl ha realizzato alcuni anni fa un intervento che ha ridotto radicalmente il fenomeno con l'introduzione di questi mezzi (Ferrari D. et al., 1990). Occorrono iniziative promozionali, di formazione e d'incentivazione economica (vedi avanti cap.4) in tale direzione.

3.3 Settore lavorazione del legno - Tutti i comparti
Tot. infortuni : 32.838
invalidi permanenti: 2200
casi mortali: 28

Gli infortuni determinati da macchine utensili, con varie modalità, sono il 24% del totale in tutti i comparti. Ma se si scende nel dettaglio della tipologia produttiva si evidenza che mentre nella produzione di mobili, a carattere prevalentemente industriale, tale quota rimane costante, nel settore delle falegnamerie artigiane le lesioni procurate dalle macchine utensili salgono al 38%.

Evidenti sono sia la necessità di diffusione e di uso di macchine utensili "a norma" sia quella di campagne di sensibilizzazione e di aiuti concreti all'investimento per la microimpresa (vedi avanti cap.4).

3.4 Settore lavorazione del metallo - Tutti i comparti
Tot. infortuni : 73.500
invalidi permanenti: 2.800
casi mortali: 74

Il 25% degli infortuni coinvolge l'uso delle macchine utensili.
Il 15% dovuto a lesioni provocate da schegge e frammenti.

Anche qui i problemi sono la diffusione di macchine con moderni dispositivi di sicurezza, da agevolare attraverso forme di aiuto all'investimento (vedi avanti cap.4), e l'uso di mezzi di protezione individuale.

3.5 Settore autotrasporto merci
Tot. infortuni : 16.000
invalidi permanenti: 1.250
casi mortali: 110

Non si tratta solo di incidenti sulla strada (che provocano evidentemente il coinvolgimento anche di altri automezzi e persone), dovuti in gran parte alla mancanza di criteri corretti nella composizione del carico e al mancato rispetto da parte delle aziende di trasporto del tetto orario previsto per la guida continuata (necessario un intervento repressivo efficace da parte della Polizia stradale). Tra le cause di incidente mortale ci sono anche le cadute dall'alto, nelle operazioni di carico e scarico, rappresentano il 30% del totale degli infortuni.

Le lesioni da colpi ricevuti da materiali vari sono pari al 20%.

Appare evidente l'esigenza di diffondere l'uso di attrezzature ergonomiche, di dispositivi anticaduta e di altre protezioni per la sicurezza.

3.6 Settore sanità
Tot. infortuni : 32.000
invalidi permanenti: 1.450
casi mortali: 22

Cadute e scivolamenti su pavimenti e scale rappresentano il 20% del totale degli infortuni di questo settore.

Le lesioni da sollevamento dei pazienti sono il 3%. Un'organizzazione del lavoro diversa dei servizi sanitari, che tenga conto dei rischi di caduta e scivolamento per frequentazione di reparti durante le pulizie, appare evidente.

Quanto alle lesioni dovute allo sollevamento manuale dei malati, sono disponibili attrezzature e metodi ergonomici che permettono manovre sicure sia per l'infermiere che per il paziente.

4. Gli incentivi economici alla prevenzione

Oltre alle sofferenze umane, in riferimento ai costi diretti ed indiretti degli infortuni sul lavoro stata stimata una cifra da capogiro: circa 55.000 miliardi (INAIL, 1992).

In proposito si rileva che il solo costo assicurativo di un caso mortale si aggira attorno ai 300/400 milioni (valore capitalizzato della rendita Inail ai "superstiti"). A questi vanno aggiunti i costi che ricadono sull'impresa per i risarcimenti in sede civile, i danni alle apparecchiature, le perdite produttive ecc..

Per quanto riguarda l'agricoltura, il settore pi a rischio di incidente mortale, il mercato offre trattrici con dispositivi antiribaltanti e protettivi e macchine provviste di accorgimenti per la sicurezza (IMA-CNR, Regione Piemonte, 1994), che ovviamente rappresentano un costo non di poco conto se si vogliono sostituire quelle che ne sono prive, ancora largamente operanti. Cos come per l'agricoltura, anche in altri settori produttivi sono ormai disponibili apparecchiature sicure che se soppiantassero il vecchio parco macchine di ditte edili, meccaniche, del legno ecc. renderebbero evitabili molti incidenti e casi gravi e mortali.

Al fine di diffondere l'uso di macchine "sicure" (naturalmente dal punto di vista della struttura, condizione necessaria anche se non sufficiente per la prevenzione), sarebbe opportuno prevedere incentivazioni economiche agli investimenti in prevenzione (es. agevolazioni creditizie, fiscali, riduzioni sui costi assicurativi).

In proposito sta per esser attuata una nuova normativa che scaturisce dalle previsioni della legge 149 del 1999 (art.55), di accompagnamento alla finanziaria '99, che stabilisce che una quota parte delle risorse economiche dell'Inail vengano impiegate per incentivare il miglioramento delle strutture e dell'organizzazione delle imprese ai fini della sicurezza. In particolare il provvedimento rivolto alle piccole e medie aziende, all'artigianato e all'agricoltura. Il sostegno finanziario a tali miglioramenti sarà riconosciuto in base a progetti frutto di indirizzi che dovranno fornire concordemente le parti sociali attraverso gli organismi paritetici territoriali previsti dal D.Lgs. 626/94.

La Regione Lazio, anche in raccordo con i Comitati di cui all'art.27 dello stesso decreto, può e deve giocare in questo campo un ruolo di promozione e coordinamento che può risultare prezioso. Tale previsione potrebbe inoltre accompagnarsi a provvedimenti aggiuntivi di sostegno da parte della Regione, seguendo i suggerimenti che in materia ha fornito la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Bailey S. et al.,1995), che legano un possibile modello di incentivo economico per la prevenzione ai seguenti requisiti:
- lo stato effettivo della sicurezza nell'azienda al momento della richiesta di sconto e il suo monitoraggio nel periodo successivo e non il tasso pregresso di infortuni, considerato non significativo;
- forme di aiuto all'investimento nella prevenzione e sicurezza;
- il riconoscimento di marchi commerciali di eccellenza in materia di salute e sicurezza.

Sarebbe comunque utile costituire un Osservatorio regionale dei casi gravi e mortali di infortunio sul lavoro, oltre che ai fini delle conoscenze per la prevenzione, per compiere analisi dei costi che essi comportano.

NOTE
1) Fonte: Inail. Il numero di giornate lavorative perdute una nostra stima in base alla durata media del periodo di inabilità temporanea dei casi avvenuti nell'anno di riferimento, desunta dai dati di gestione elaborati dalla Direzione Generale Inail.
(2) http://www.ki.se/phs/wcc-csp
http://www.ki.se/phs/wcc-csp/safecom
http://www.ki.se/phs/wcc-csp/safecom-news
http://www.safecmmunities.ca
http://www.safecmmunities.ca

(3) Art.26 legge 17/10/1967, n.977.
(4) Art.1 del D.Lgs.566/1994.

BIBLIOGRAFIA
Alhaique D., Arduini L., Cavariani F., Costa G., Della Torre L., Pianosi G. Atlante degli infortuni sul lavoro in Italia. INCA CGIL, Roma 1992.

Arduini L., Costa G., Pianosi G. Gli infortuni sul lavoro: statistiche Inail e atlanti regionali. Epidemiologia & Prevenzione, 1991;48-49:123-129.

Arduini L., Lionzo R., Pianosi G. et al. Sbagliando s'impara: guida alla conduzione delle inchieste infortuni. UOTSLL-USSL 70, Legnano 1992.

Arduini L., Costa G., Marconi M., Nesti M., Passerini M., Perticaroli S., Pianosi G., Tavassi S. Primo atlante nazionale degli infortuni sul lavoro. Anni 1986-1991. ISPESL, REGIONI, Roma 1993.

Bailey S. et al. Un modello innovativo di incentivo economico per il miglioramento dell'ambiente di lavoro in Europa. Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, Dublino 1995.

Cavariani F., De Vecchis R. et al. Gli infortuni sul lavoro nel Lazio 1985-1987. Regione Lazio, Roma 1992.

Costa G., Demaria M. et al. Atlante degli infortuni sul lavoro in Piemonte, 1984-91. Regione Piemonte, Torino 1994.

Ferrari D., Galli P., Gori E., Gli infortuni nella lavorazione carni: epidemiologia, quadro normativo, aspetti di prevenzione. USL 16 Modena, USL 19 Vignola, Modena 1990.

IMA-CNR, Istituto per la meccanizzazione agricola - Consiglio nazionale delle ricerche, Regione Piemonte, Atti del Convegno "Sicurezza in Agricoltura: Macchine ed Ambiente di Lavoro", Fossano (Cuneo) 14 aprile 1994.

INAIL, Quanto costano gli infortuni sul lavoro, Roma 1992.

Invecchiamento e infortuni sul lavoro
Diego Alhaique
Direttore scientifico di "2087", rivista di informazione e formazione sulla sicurezza

Premessa

Il tema dell'invecchiamento in relazione agli infortuni sul lavoro va preliminarmente inquadrato nella pi ampia problematica del rapporto tra et e incidenti in generale. In Italia i "Traumatismi e avvelenamenti" determinano ogni anno la morte di un quoziente di 5 abitanti su 10.000, occupando il 6° posto nella graduatoria della mortalità per grandi gruppi di cause. Se tuttavia si distribuisce la stessa casistica per classi d'età , ci si accorge che questa causa di morte balza al 1° posto per le età da 0 a 44 anni, più esattamente con il 27,3% nella fascia 0-14, con ben il 71,2% nella 15-24 e 35% in quella 25-44 (Tav.1). E' per questo motivo che il peso della mortalità per incidente si riflette particolarmente anche nella misura costituita dagli "anni di vita potenziale persa" (Years of potential life lost, YPLL) prima di una determinata et (65 anni nella maggior parte degli studi). Poiché gli incidenti colpiscono soprattutto bambini e giovani adulti, sono la causa principale di YPPL negli Usa e in molti altri paesi, sia industrializzati che in via di sviluppo (2). In Italia non risulta ancora siano state effettuate simili valutazioni, eppure sarebbe interessante vedere quale sia contributo di questo tipo di mortalità, e del corredo di anni di vita potenziale persa, all'incremento della quota anziana della popolazione, già determinato dall'allungamento della vita media e dal basso indice di natalità.
Questi dati inducono ad una prima considerazione che può fare da sfondo al problema specifico che stiamo affrontando: vale a dire il deficit di cultura della sicurezza in tutti gli ambiti della vita sociale italiana, non solo nel lavoro, ma anche nella strada, nelle abitazioni ecc.. Ci si accorge del problema solo quando accadono le "stragi del sabato sera" e quelle degli "esodi" delle vacanze o se muore pi di un lavoratore per volta. Non esiste un impegno visibile, permanente e diffuso per la prevenzione degli incidenti. Sono passati pi di quindici anni prima che il casco divenisse obbligatorio per tutti i motociclisti e il prezzo stato pagato con migliaia di vite umane. Solo recentemente il Piano sanitario nazionale per 1998-2000 ha finalmente e correttamente individuato quello degli incidenti come un problema di sanità pubblica, ma gli obiettivi del Piano devono essere perseguiti dalle strutture sanitarie territoriali e solo pochissime realtà si impegnano in questo campo. Prevalgono una cultura medicale della prevenzione da parte dei soggetti preposti ed un esteso affidarsi alla fatalità da parte della gente. Eppure gli incidenti sono in grandissima parte prevedibili ed evitabili, più che tante altre possibili cause di morte e d'invalidità, come per esempio le malattie cronico-degenerative.

Le dimensioni del fenomeno infortunistico nei lavoratori anziani
Gli aspetti che verranno qui esaminati, e che sono affrontati classicamente dalla ricerca, riguardano tre profili del rapporto tra et anziana e infortuni: quello della frequenza, della gravità e delle caratteristiche qualitative degli eventi.
In Italia, pur essendo disponibili negli archivi dell'Inail, non sono pubblicati sistematicamente dati relativi agli infortuni sul lavoro disaggregati per et in modo tale da permettere analisi specifiche del fenomeno nei lavoratori anziani. Ad esempio, nella Banca dati dell'Istituto assicuratore accessibile on line, le tavole per et ospitano solamente cinque classi e gli infortuni degli anziani sono in parte nascosti tra quelli della classe "50-64 anni", et che potremmo definire "matura" oltre che anziana, mentre come classe esclusivamente anziana disponibile solo quella degli "oltre 64". E' necessario quindi ricorrere ad elaborazioni ad hoc che vanno richieste di volta in volta all'Inail o svolgere per proprio conto elaborazioni su basi di dati che possono essere fornite dall'Istituto. Non risultano inoltre studi epidemiologici mirati sul fenomeno degli infortuni nei lavoratori anziani, che abbiano preso in esame realtà aziendali e/o gruppi di lavoratori selezionati per settore, occupazione ecc..

Invecchiamento e frequenza infortunistica
In un ampio studio dell'Inail (14), oltre ad interessanti considerazioni metodologiche sulle caratteristiche dei dati in possesso dell'Istituto assicuratore, sono presentate numerose tavole che mettono tra l'altro in rilievo per gli eventi accaduti nel 1992 una relazione abbastanza chiara tra incremento dell'età e aumento dell'indice di frequenza infortunistica per le ore lavorate, nei tre principali rami d'attività . In particolare, l'indice medio nazionale viene superato a partire da un'età superiore ai 50 anni nell'agricoltura e da una maggiore ai 40 nell'industria e nel terziario (Tav.2).
Per apprezzare le dimensioni del problema in un periodo pi recente, possibile avere informazioni circa gli infortuni occorsi ai lavoratori oltre i 59 anni da alcune elaborazioni originali di dati Inail effettuate per iniziativa dell'Ispesl e da cui sono scaturiti gli "Atlanti nazionali degli infortuni sul lavoro" (l'edizione aggiornata al 1997 in corso di pubblicazione nel sito web dell'Istituto). Ricorrendo a questa fonte, nella Tav.3 si può quindi notare come nel triennio 1994-1996 gli infortuni di tali lavoratori siano stati circa il 15% del totale nell'agricoltura, nella quale si registra una maggiore presenza di manodopera anziana rispetto all'industria, dove lo stesso indice si attesta invece attorno al 2%. Per entrambi i settori si evidenzia già con questi dati l'altro profilo della relazione tra invecchiamento e infortuni, che sarà trattato pi avanti, cioè incremento della quota di infortuni di questa fascia d'età con l'aumento del livello di gravità , che arriva per i casi mortali oltre il 25% nell'agricoltura e al 6% nell'industria.

L'aumento della frequenza infortunistica in rapporto all'invecchiamento, che viene evidenziato in Italia dai dati Inail appena illustrati, non trova pieno riscontro nel panorama degli studi disponibili condotti in materia ed opportuno che sia interpretato alla luce delle valutazioni di una revisione sistematica della letteratura sull'argomento pubblicata nei tre decenni 1965-1995 e realizzata da Laflamme e Menckel (10). Una prima importante conclusione di tale studio, che risulta essere finora il pi documentato, che l'età di per s stessa non può rappresentare un adeguato indicatore degli effetti dell'invecchiamento sul lavoro. Infatti la relazione "invecchiamento-lavoro" dovrebbe essere interpretata con un approccio complesso, tenendo conto non solo delle limitazioni dovute all'età che agiscono sulle capacità individuali, ma anche del miglioramento della performance, vale a dire del livello di qualità dell'esecuzione del lavoro, e anche della migliore "gestione" individuale del rischio, acquisiti attraverso l'esperienza. A questo proposito Warr (20) ha suggerito di prendere in considerazione tre tipi di prerogative individuali: le abilità fisiche, l'adattabilità e l'efficienza lavorativa generale. Mentre le abilità fisiche e l'adattabilità tenderebbero a diminuire con l'aumentare dell'età (con ampie variazioni individuali), l'efficienza lavorativa generale può rimanere stabile o perfino accrescersi con l'età . Basandosi su queste considerazioni, egli ha quindi proposto uno schema di classificazione delle attività lavorative in quattro categorie: (1) attività indebolite dall'età , (2) contrastate dall'età , (3) indifferenti e (4) migliorate dall'età . Secondo il punto di vista di Warr, l'età un fattore negativo nella performance occupazionale solo per alcuni tipi di attività lavorativa. Lo schema di Warr (21) può essere presentato sotto forma di una matrice, nella quale ci che definito "competenza lavorativa" corrisponde ad una combinazione dei valori di due aspetti dicotomici dell'individuo in relazione al lavoro.

Il primo di questi attiene alla domanda se le capacità fisiologiche di base dell'individuo sono o no progressivamente superate dalle capacità richieste man mano che aumenta l'età . A questa domanda viene risposto affermativamente per le prime due categorie e negativamente per le altre due. Il secondo aspetto riguarda la domanda se o no possibile un innalzamento della performance lavorativa attraverso l'acquisizione di esperienza nel lavoro. A questa seconda domanda viene risposto in modo affermativo per le categorie 2 e 4 e negativo per le categorie 1 e 3.

Un'integrazione della matrice di Warr (Fig.1) stata proposta da Laflamme e Menckel (10) in base ai risultati della revisione della letteratura sopra citata, nella quale le prime quattro colonne sono adattate da Warr, mentre la colonna finale incorpora le ipotesi correnti degli autori sulla relazione attesa tra incidenti ed et per varie categorie di lavoro, di cui si riferisce qui di seguito per ciascuna delle quattro categorie.

Fig.1
Quattro categorie di attività lavorative
e relazione attesa con l'età della performance nel lavoro e dell'occorrenza d'infortunio

Le attività in rapporto all'età sono...
Le capacità di base sono progressivamente superate dalle esigenze del lavoro?
Il miglioramento dell'esecuzione
del lavoro favorito dall'aumento
di esperienza?
Relazione attesa
con l'età
Performance
nel lavoro
Occorrenza d'infortunio
1. Indebolite
SI
NO
Negativa
Positiva o
a forma di U
2. Contrastate
SI
SI
Nessuna
Nessuna
o a forma di U rovesciata
3. Indifferenti
NO
NO
Nessuna
Nessuna
4. Migliorate
NO
SI
Positiva
Negativa

Warr (20), integrata da Laflamme e Menckel (10)

Le attività lavorative indebolite dall'età presentano l'accoppiamento delle caratteristiche per cui le capacità individuali di base sono superate dalle esigenze poste dal lavoro in maniera pi estesa nel caso di lavoratori pi anziani mentre la loro esperienza non può compensare le limitazioni connesse con l'età . Ci comporta che et e performance sono negativamente correlate anche se non necessariamente in modo lineare (21). Le attività di questo tipo presuppongono un continuo e rapido processo informativo e alcune forme di strenua attività fisica (ad es. attività ritmate e comportanti carichi fisici o posturali) e possono richiedere un apprendimento rapido o un rapido cambiamento. E' questo soprattutto il caso dei lavoratori dell'industria. Riguardo alle implicazioni di queste attività con la relazione tra et e infortuni sul lavoro, potrebbe essere ipotizzato che attività lavorative indebolite dall'età possono generare una o due possibili relazioni: positiva o curvilinea (a forma di U). Ipoteticamente, una relazione positiva sarebbe stata osservata in situazioni di lavoro dove le esigenze sono tali che il deterioramento delle capacità associate con l'età rende impossibile contare sull'esperienza di lavoro per compensare le difficoltà incontrate nell'eseguirlo. Una tale relazione stata osservata nel caso delle lavoratrici industriali negli studi su larga scala di Dillingham (7), Landen e Hendricks (11).
Comunque, per alcuni altri generi di attività indebolite dall'età , può essere anche attesa una tipica relazione a forma di U. Ci potrebbe accadere quando una combinazione di et ed esperienza benefica per i lavoratori per un certo periodo di tempo, ma diventa uno svantaggio dopo una certa et . La frequenza infortunistica diminuirebbe con l'età durante il primo periodo, per aumentare poi nel secondo. Una tale interpretazione di distribuzione di frequenza infortunistica potrebbe essere applicata ai risultati dello studio di Shahani (17), condotto in un impianto petrolchimico. In questo caso, una distribuzione ad U degli incidenti fu osservata per due gruppi di mansioni ad alto rischio: calderai e saldatori; falegnami, coibentatori, pittori e meccanici di officina. Un ulteriore appropriato esempio di distribuzione ad U in linea con questa ipotesi stata trovata nello studio di David e Bigaouette (5) su una realtà in cui i lavoratori pi anziani erano stati incaricati di svolgere mansioni precedentemente affidate a lavoratori pi giovani.

Nelle attività contrastate dall'età, i lavoratori pi anziani possono essere messi a confronto con difficoltà crescenti come risultato di un declino nel loro processo informativo o nelle capacità fisiche, ma essi sono in grado di compensarle in qualche modo. In attività di questo tipo, come in un lavoro manuale specializzato e che richiede capacità cognitive, gli individui sono in grado di imparare come contrastare il deterioramento delle loro abilità di base nell'eseguire il lavoro (20). Esempi di attività contrastate dall'età sono state individuate tra il personale addetto alle vendite, quello delle poste e i calzaturieri (21).
Riguardo alla relazione tra et e infortuni sul lavoro, si può supporre che le attività contrastate dall'età possono anche produrre due differenti relazioni: nessuna relazione o una relazione curvilinea (in questo caso una U rovesciata). La relazione sarebbe inesistente nei casi in cui l'esperienza acquisita contrasti immediatamente gli effetti dell'età sulle capacità di base. Studi che esemplificano una tale relazione sono quelli di Giniger et al. (9) sui lavori specializzati nell'industria dell'abbigliamento e di Butani (3) sulle miniere di carbone. In quest'ultimo studio, inoltre, stato evidenziato che l'esperienza in azienda (sebbene non in ciascuna specifica mansione) era negativamente associata con gli infortuni, suggerendo la possibilità che una tale forma generale di esperienza possa avere un effetto migliorativo sulla performance o sulla sicurezza, quantunque le mansioni in un'azienda possano cambiare con l'età .
D'altro canto, una relazione curvilinea (del tipo ad U rovesciata) anche possibile. Questo potrebbe essere il caso, ad esempio, di mansioni per le quali l'esperienza viene acquisita in modo relativamente lento, mentre le limitazioni alle capacità di base si fanno sentire fortemente molto presto. Vi solo uno studio che ha ottenuto un simile risultato, condotto su larga scala in dieci industrie e per mansioni aggregate (16). L'indice infortunistico raggiunse un picco nella classe d'età 20-24, per declinare stabilmente solo dopo un'età superiore ai 65 anni.

Per le attività indifferenti all'età, che generalmente non richiedono grandi capacità e dove il lavoro ampiamente "tranquillo", non atteso nessun gradiente legato all'età in nessuna direzione. Warr (20) fa notare che vi sono molte occupazioni di questo tipo. Le attività indifferenti all'età sono probabilmente da associare all'assenza di una relazione tra infortuni ed et . Un esempio rilevante costituito dallo studio di Giniger et al. (9) concernente i lavoratori specializzati dell'industria dell'abbigliamento. L'interpretazione dell'autore di questo risultato che la performance in questa industria, e il tipo di attività che generalmente vi si svolge, non dipende dalle specifiche esigenze del lavoro, ma piuttosto dall'esperienza del lavoratore.
La quarta e ultima categoria, quella delle attività migliorate dall'età caratterizzata da attività che permettono di conservare le capacità di base nonostante l'avanzare dell'età , cosicché la performance si sviluppa come risultato dell'esperienza. Simili mansioni richiedono una "capacità di giudizio fondata sulla conoscenza", non sono soggette a ritmi imposti e spesso richiedono un patrimonio di conoscenze rilevanti per svolgere il lavoro (20, 21). Si può supporre che tali attività siano orientate pi alla qualità che alla quantità , sia dal punto di vista intellettivo che fisico.
Un esempio importante di attività migliorate dall'età stato rilevato dallo studio di Giniger et al. (9) nell'industria dell'abbigliamento. Nel caso di lavori che richiedevano rapidità di esecuzione in questo tipo di industria, era lecito attendersi delle limitazioni alle capacità dovute all'età , ma le acquisizioni dell'esperienza sembrano aver favorito i lavoratori pi anziani sotto molti aspetti, compreso quello relativo agli infortuni. Questo anche il caso studiato da Cloutier (4) nei lavoratori addetti alla raccolta di rifiuti, ove sono state rilevate differenze di metodi lavorativi tra lavoratori pi anziani e pi giovani, che suggeriscono la possibilità che, nonostante la natura del lavoro esigesse prestanza fisica, c'erano modalità di adattamento al lavoro con risultati favorevoli sia sulla performance che sulla frequenza di incidente.

2.2. Discussione
La matrice proposta evidenzia che c solo una categoria di mansioni per cui la performance indebolita dall'età e, ipoteticamente, la frequenza di incidente ha la probabilità di essere pi elevata. Laflamme e Menckel (10) avvertono che gli studi da loro sottoposti a revisione sul rapporto tra invecchiamento e infortuni sono stati associati a questo schema come un tentativo di interpretare i dati finora raccolti. Inoltre, a causa della mancanza di specificazione delle attività svolte nelle diverse occupazioni, risulta difficile stabilire con certezza la categoria di attività rilevante svolta dai soggetti indagati nella grande massa di studi esaminati. Nello stesso tempo deve essere sottolineato che in un normale contesto lavorativo la variazione tra un tipo di attività e un'altra continua piuttosto che discreta" (21), per cui le categorie proposte possono piuttosto sovrapporsi che essere distintamente demarcate. Di conseguenza, perfino in uno stesso lavoro, l'età può avere differenti relazioni con la performance o la sicurezza. Ma poiché la performance lavorativa e la sicurezza sono in funzione sia della esperienza accumulata che del declino delle capacità di base, lecito attendersi una relazione con l'età che rifletta la forza relativa dei due tipi di influenze "et -correlate". In aggiunta, quando si considerano le variazioni individuali nei gruppi di et pi avanzata, ci sono buone ragioni per credere che alcuni lavoratori pi anziani, meno mentalmente o fisicamente capaci di rispondere alle richieste del lavoro, abbandonino i lavori difficili e pericolosi. Conseguentemente non può essere esclusa la possibilità di una selezione bias, che lascia nella forza lavoro un gruppo selezionato di lavoratori pi anziani ("effetto lavoratore sano") con una relativamente alta capacità lavorativa (12, 18, 19) o con una pi grande capacità di lavorare in modo sicuro (11).

3. Invecchiamento e gravità degli infortuni

A differenza che per il rapporto tra invecchiamento e frequenza infortunistica, i dati italiani, sia per ci che riguarda l'inabilità permanente (Tav.4) che la mortalità (Tav.5), confermano il fenomeno riscontrato diffusamente, costituito dall'incremento del livello di gravità degli incidenti con l'avanzamento dell'età . Un recente studio, in cui sono stati analizzati per la prima volta i dati degli infortuni mortali sul lavoro accaduti in Italia durante un intero decennio (1986-1995) e in corso di pubblicazione presso l'Ispesl (1), mostra che i casi mortali di questo periodo occorsi a lavoratori con pi di 59 anni rappresentano quasi il 15% del totale (Tav.6).
L'evidenza empirica della maggiore gravità degli infortuni nei lavoratori anziani tende a rafforzare l'idea di una diminuita capacità di recupero dello organismo con l'aumentare dell'età . Questo stato maggiormente messo in rilievo da studi su larga scala, in particolare nel caso dell'inabilità permanente e, con qualche limite, negli infortuni mortali. Tuttavia, differenze non correlate con l'età sono state riportate in studi concentrati su una tipologia di occupazione, sia riguardo al numero medio di giornate lavorative perdute a causa di infortunio, per occupazione (4), che riguardo alla proporzione di infortuni gravi, per occupazione e trasversalmente a queste (17).
Per spiegare il fenomeno di una relazione positiva tra et e gravità infortunio, si sostiene di solito che i lavoratori pi anziani hanno bisogno di un periodo pi lungo di recupero a causa dei cambiamenti fisiologici associati con l'età , che intaccano la capacità di guarire dell'organismo (6, 8, 15). Comunque stato fatto notare che altri tipi di fattori possono anche influenzare la durata media del recupero. Questi comprendono cambiamenti nella propensione a denunciare gli infortuni lievi (che potrebbero diminuire con l'età ), i comportamenti degli attori socio-economici (la vittima, i responsabili aziendali, i medici) che stabiliscono i giorni occorrenti per il recupero (19) e il tipo di rischio al quale la persona esposta.

4. Invecchiamento e caratteristiche degli infortuni
Alla luce degli studi della rassegna di Laflamme e Menckel (10), sembra che i lavoratori pi anziani possano essere maggiormente a rischio riguardo ad un certo specifico tipo di incidenti, in particolare quelli che colpiscono alla schiena e agli arti inferiori (4, 13, 16). Ci messo in rilievo anche dai dati italiani disponibili per i lavoratori oltre i 59 anni, con al primo posto la medesima significativa modalità di accadimento ("caduto in piano su superficie di lavoro e transito") nella graduatoria di frequenza e gravità , sia in agricoltura (Tav.7) che in industria (Tav.8), e suggerisce che la propensione agli incidenti correlata con l'età potrebbe essere specifica piuttosto che diffusa, implicando che prendere in considerazione tutti i tipi d'incidenti contemporaneamente può mascherare le differenze correlate con l'età .
E' da notare qui che i dati statistici sugli incidenti sono quasi sempre frutto di una definizione giuridica di infortunio sul lavoro e che questo comporta difficoltà per la ricerca delle differenze individuali dovute all'età . E ci , fatto ancora pi importante, non offre spesso un valido aiuto per individuare misure di prevenzione.

Limiti della ricerca

La scarsezza di dati italiani utili per studiare il rapporto invecchiamento e infortuni sul lavoro una chiara indicazione sia dell'esigenza di rendere disponibili dati mirati e pi accurati sull'età sia di approfondimenti attraverso studi ad hoc. A questo fine può essere utile sottolineare che nella maggior parte degli studi revisionati da Laflamme e Menckel (10) sono state riscontrati alcuni limiti metodologici. Innanzi tutto si evidenziata una carenza di studi longitudinali, che rende difficile affermare certezze sull'invecchiamento dell'individuo e gli incidenti. Inoltre, in diversi studi di comparazione su frequenza e gravità degli infortuni, le tecniche statistiche richiedenti una variabile dipendente normo-distribuita, sono state utilizzate senza testare la supposizione di normalità . Infatti, gli incidenti sul lavoro tendono ad avere una distribuzione di Poisson piuttosto che una normale. Per di pi , in assenza di un controllo appropriato dell'esposizione al rischio, l'età di per s deve essere considerata come una debole spiegazione della frequenza di incidente. Altri fattori piuttosto che l'età potrebbero influire sulla relazione o mascherarla.

6. Conclusioni

Nella pi generale sottovalutazione del fenomeno infortunistico e nella diffusa mancanza di cultura della sicurezza, anche il particolare problema del rapporto tra invecchiamento e infortuni sul lavoro appare in Italia sottovalutato. Dall'esame delle poche informazioni che si possono trarre sul piano statistico, emerge che sia la frequenza infortunistica che la gravità tendono ad aumentare con l'età e che il profilo qualitativo degli incidenti caratterizzato in modo tipico. Occorrono quindi in Italia, forse pi che in altri Paesi di eguale livello socio-economico, studi mirati su tipologie di occupazione, e possibilmente di tipo longitudinale, per individuare settori lavorativi e profili di rischio su cui poter esercitare interventi di prevenzione. A questo riguardo, la revisione di Laflamme e Menckel mette in luce il fatto che in assenza di un appropriato controllo del tipo di lavoro e della esposizione al rischio, ogni diminuzione correlata con l'età riscontrata nella frequenza di infortunio sul lavoro può essere erroneamente attribuita al preventivo effetto dell'età in s stessa, piuttosto che ad un gradiente lavorativo dell'età (21). Alla luce dello schema proposto (10), sembra che solo in alcune mansioni potrebbe essere atteso un effetto negativo dell'invecchiamento sulla frequenza d'incidente. Tali sono le mansioni in cui le capacità di base sono progressivamente superate dalle richieste del lavoro man mano che i lavoratori invecchiano e in cui l'esperienza non può esprimere compensazioni.
Il problema della sicurezza dei lavoratori pi anziani può essere delimitato e specifico: delimitato ad alcune attività indebolite dall'età e specifico in termini di tipo di infortunio. Sotto questo punto di vista, gli studi disponibili suggeriscono che lavoratori di et differenti sono suscettibili a differenti tipi di infortunio. Sotto un'altra dimensione, come suggerito da Giniger et al. (9), si potrebbe dare il caso che lavoratori pi anziani siano meno soggetti ad incidenti prevenibili mediante un'attenta capacità di giudizio piuttosto che a quelli prevenibili mediante una rapidità di riflessi.
Alla luce dei limiti che sono stati evidenziati nella revisione degli studi di tre decenni (10), si pone l'esigenza che ulteriori ricerche vengano svolte sulla base di disegni longitudinali, corrette misure dell'esposizione, indagini concentrate sul tipo di occupazione, esame degli effetti positivi dell'esperienza acquisita circa la sicurezza sul lavoro e maggiore precisione riguardo al tipo di incidenti d'analizzare. In ogni caso, dovrebbe essere ben chiaro che la relazione dell'età con la sicurezza e la performance lavorativa reciproca e non unidirezionale. Mentre ci sono lavori che permettono di invecchiare, altri non lo fanno; e ci sono lavori nei quali la gente invecchia pi rapidamente (18).
Ritornando infine alla situazione italiana, i cambiamenti demografici, che si riflettono anche sull'occupazione, dovrebbero suggerire una maggiore attenzione anche al problema della sicurezza dei lavoratori anziani che permarranno sempre di pi in condizione attiva. In una tale prospettiva, gli interventi di prevenzione non potranno prescindere dal considerare non solo gli aspetti tecnici, ma anche quelli dell'organizzazione del lavoro e i fattori psico-sociali, vale a dire la dimensione "immateriale" delle condizioni di lavoro, con un approccio globale alla tutela della salute di tutti i lavoratori, a tutte le et , concepita come un bene per lo stesso sviluppo economico delle imprese.


Riferimenti bibliografici

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Tavole allegate

Ordinamento delle cause di morte per età della popolazione italiana.
Indici di frequenza dei casi d'infortunio avvenuti nel 1992 per milione di ore lavorate per classe d'età , per ramo d'attività e notificati all'Inail.
Distribuzione dei casi di infortunio sul lavoro per livello di gravità e per età maggiore di 59 anni. Agricoltura e Industria. Anni 1994 - 1995 - 1996.
Rapporto di composizione relativo ai casi di inabilità permanente per classi d'età e ramo d'attività (per 1000). Anno1992.
Rapporto di composizione medio relativo ai casi mortali per classi d'età e ramo d'attività (per 1000). Anno 1992.
Distribuzione degli infortuni mortali accaduti in occasione di lavoro nel decennio 1986-1995 e definiti al 1997, per classi di età e comparto geografico.
Agricoltura. Casi di età maggiore di 59 anni nel triennio 1994-1996. Distribuzione degli eventi per forma ed agente in ordine discendente di ISG (Indice sintetico di gravità ).
Industria. Casi di età maggiore di 59 anni nel triennio 1994-1996. Distribuzione degli eventi per forma ed agente in ordine discendente di ISG (indice sintetico di gravità ).